Consiglio di Stato, Sezione Terza, sentenza n. 957 del 18 febbraio 2013
Mercato: Funzioni
Tema: prestazioni sociosanitarie
Autorità: Consiglio di Stato, Sezione Terza
Provvedimento: sentenza n. 957 del 18 febbraio 2013
In Pillole: Appartengono al novero delle c.d. prestazioni sociosanitarie, di cui al D.Lgs. n. 502/1992, sia le prestazioni sociali a rilevanza sanitaria, che le prestazioni socio sanitarie ad elevata integrazione sanitaria. Mentre le prime comprendono tutte le attività del sistema sociale che hanno l’obiettivo di supportare la persona in stato di bisogno, con problemi di disabilità o di emarginazione condizionanti lo stato di salute, le seconde sono caratterizzate da particolare rilevanza terapeutica e intensità della componente sanitaria e attengono prevalentemente alle aree materno-infantile, anziani, handicap, patologie psichiatriche e dipendenze da droga, alcool e farmaci, patologie per infezioni da HIV e patologie in fase terminale, inabilità o disabilità conseguenti a patologie cronico-degenerative.
Regola: Nell’ottica di un modulo organizzatorio di partnership pubblico-privato, il soggetto affidatario di un appalto avente ad oggetto attività sanitarie con risvolti di carattere sociale, deve essere necessariamente in possesso dei requisiti minimi di capacità economica e tecnico-professionale richiesti per lo svolgimento della prestazione prettamente sanitaria. Infatti, pur nell’integrazione tra assistenza sanitaria e sociale, ai fini dell’aggiudicazione risulta imprescindibile avere riguardo all’oggetto specifico dell’appalto, che nel caso di specie non integra gli estremi della semplice prestazione sociale a rilevanza sanitaria di competenza dei Comuni.
Riferimenti Normativi: D.Lgs. n. 502/1992
Precedenti di interesse:
Testo provvedimento/sentenza:
1. – Con deliberazione n. 1031 del 20 ottobre 2011, il Direttore generale dell’Azienda USSL n. 9 di Treviso ha indetto una procedura aperta, da aggiudicarsi con il metodo dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per l’affidamento, della durata di 48 mesi, del servizio di assistenza domiciliare integrata (in sigla “ADI”) e di quello di assistenza domiciliare ad alta intensità (in sigla “ADIMED”), per l’erogazione sia di prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, sia di prestazioni sociosanitarie a elevata integrazione sanitaria.
Trattandosi d’un appalto di servizi per una delle categorie di cui all’all. II B al Dlg 12 aprile 2006 n. 163, l’art. 3.1 del disciplinare di gara ha prescritto, quali requisito economico di partecipazione, il possesso di un «… importo relativo ai servizi nel settore oggetto della gara presso Enti o Aziende Socio Sanitarie, pubblici o privati, svolti 3 esercizi finanziari… almeno pari ad € 4.000.000,00= (IVA esente/esclusa) …». Ai fini della capacità tecnico-professionale, il relativo requisito minimo è stato fissato nell’«…aver prestato/fornito almeno un servizio di importo medio annuo di € 500.000, 00 (IVA esente/esclusa) nel settore oggetto della gara presso Enti o Aziende Socio Sanitarie, pubblici e/o privati, negli ultimi 3 anni (2008-2009-2010) …».
A tal procedura ha inteso partecipare, ritenendo di possederne i requisiti, tra le altre imprese pure la VISION soc. coop. sociale consortile – ONLUS, con sede in Treviso, quale capogruppo mandataria in ATI con la Castel Monte soc. coop. sociale. In esito alla gara, detta ATI è risultata aggiudicataria del servizio, pur dopo la verifica d’anomalia, mentre seconda graduata è stata, con punti 92,13, la Medicasa Italia s.p.a., corrente in Milano.
2. – Quest’ultima è insorta avverso l’aggiudicazione, deducendo, tra l’altro, il mancato possesso, in capo a detta ATI, dei dianzi citati requisiti minimi di capacità economica e di tecnico-professionale.
Con sentenza breve n. 1081 del 31 luglio 2012, l’adito TAR Veneto ha accolto il ricorso della Medicasa Italia s.p.a. appunto sotto questo profilo. In particolare, il TAR ha osservato che oggetto del servizio sono «prestazioni specificamente sanitarie (con risvolti di carattere marginalmente sociale) che si distinguono nettamente dalle prestazioni di natura “sociale a rilevanza sanitaria”… disciplinate dall’art. 3 septies, II comma, lett. b) del DLgs n. 502/1992 cit., che, come stabilisce il successivo VI comma, sono di competenza dei Comuni…».
3. – Appella allora la sola VISION soc. coop., deducendo in punto di diritto l’erroneità della sentenza impugnata, poiché:
A) – il Dlg 30 dicembre 1992 n. 502, invocato dalla ricorrente in primo grado e dal TAR, in realtà non distingue un settore prettamente sanitario da un settore sociale;
B) – pure il DPCM 14 febbraio 2001, che ne fornisce un elenco generale, fa riferimento all’unica tipologia delle prestazioni socio–sanitarie e parla di integrazione tra assistenza sanitaria e sociale;
C) – del pari, le tabelle di cui agli allegati II A e II B al Dlg 163/2006 considerano in modo unitario la categoria dei servizi sanitari e sociali, nell’ambito della quale rientra l’appalto per cui è causa);
D) – pure il CSA impone politiche d’integrazione socio-sanitaria, affinché si lavori per affrontare in modo integrato i problemi di natura sociale e sanitaria, tant’è che l’Azienda appaltante più volte impone una reale integrazione dell’operatore privato con le strutture aziendali e comunali impegnate nell’assistenza domiciliare.
Dal che l’impossibilità d’interpretare i requisiti di partecipazione in modo restrittivo, erroneo essendo il relativo presupposto logico, ossia che nell’appalto prevalessero le prestazioni sanitarie, mentre sarebbe stato necessario valutare i servizi svolti nel settore oggetto di gara, resi pure a favore di enti diversi dalle Aziende sanitarie e di privati.
Aggiunge l’appellante che tal interpretazione contrasta con il principio di favor partecipationis nelle gare ad evidenza pubblica e che, a tal fine, l’assistenza domiciliare integrata non esaurisce il concetto di settore delle prestazioni sociosanitarie e, quindi, il riferimento a tal settore ha avuto l’intento d’allargare e non di restringere la platea dei servizi valutabili per l’ammissione a gara.
Resiste in giudizio la sola Medicasa Italia s.p.a., che conclude per il rigetto dell’appello.
Alla pubblica udienza dell’11 gennaio 2013, su conforme richiesta delle parti costituite, il ricorso in epigrafe è assunto in decisione dal Collegio.
4. – L’appello non può esser condiviso e va perciò respinto, e ciò anzitutto per un duplice ordine di ragioni, l’una generale, l’altra strettamente inerente alla disciplina di gara.
In primo luogo, corretta è la ricostruzione della fattispecie, operata dal TAR, laddove precisa che le prestazioni oggetto dell’appalto in esame sono sia quelle sanitarie a rilevanza sociale (indicate dall’art. 3-septies, c. 2, lett. a) del Dlg 502/1992 come preordinate alla promozione della salute, nonché a prevenzione, individuazione, rimozione e contenimento di esiti degenerativi o invalidanti di patologie congenite e acquisite); sia quelle sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria (a loro volta connotate, ai sensi del successivo c. 4, da particolare rilevanza terapeutica ed intensità della componente sanitaria).
Queste ultime attengono per lo più alle aree sanitarie materno-infantile, per il trattamento di anziani, per portatori di handicap, delle patologie psichiatriche e dipendenze da droga, alcool e farmaci, delle patologie per infezioni da HIV e patologie in fase terminale, nonché per il trattamento di inabilità o di disabilità conseguenti a patologie cronico-degenerative. Esse e le altre, dunque, afferiscono in modo inequivoco all’attività del SSN, com’è precisato in modo chiaro dall’art. 3, commi 1 e 3 del DPCM 14 febbraio 2001 e vanno integrate con interventi di natura sociale soprattutto se erogate a domicilio.
È, questa, una delle varie formule organizzative di tal attività che mira a trattare le patologie in un ambiente non ospedaliero ed il trattamento a domicilio ne individua quello più vicino alla vita ordinaria di ciascun paziente.
Poiché in appalto sono dedotti i trattamenti sanitari a rilevanza sociale propriamente detti (art. 3, c. 1 del DPCM 14 febbraio 2001), sia quelli ad elevata integrazione sanitaria (art. 3, c. 3), essi costituiscono un modulo organizzatorio di partnership pubblico – privato che, esternalizzando le cure a domicilio, ne affida il compito a soggetti terzi e, appunto per questo, ne richiede uno sforzo di reale integrazione tra terapia ed assistenza, con prevalenza dei fini dell’una sulle modalità dell’altra. Occorre che il soggetto, cui è affidata l’attività terapeutica a domicilio e quella assistenziale consequenziale, sia un’impresa dotata di spiccata professionalità, al contempo di buona coadiuzione alla funzione terapeutica (propria del SSN) e d’alta qualità sociale (propria della mitigazione degli effetti morali e sociali della patologia).
Per altro verso e al di là della maggior o minor enfasi nell’importanza dell’elemento dell’assistenza sociale, occorre tener conto dell’oggetto concreto delle prestazioni dedotte nel capitolato speciale e dei destinatari di esse. Questi ultimi, in varia guisa, sono o malati terminali o affetti da patologie o pluripatologie invalidanti, disabilitanti o tali da menomarne fortemente l’autonomia (quand’ anche in via temporanea), oppure pazienti comunque trattabili a domicilio, pur con peculiari esigenze. Si tratta di pazienti cui vanno erogate, in ambiente familiare, prestazioni di carattere essenzialmente sanitario. Proprio per questo essi e/o le loro famiglie, che intendano accudirli, esprimono bisogni particolari di assistenza non solo tecnico-terapeutica, ma pure di sollievo dei disagi sociali che tal tipo di trattamento può scaricare in un ambiente, qual è nella specie quello domiciliare, di per sé non predisposto ad affrontare la complessità della patologia e del malato.
Rettamente, quindi, il TAR individua nelle prestazioni dedotte in appalto attività specificamente sanitarie con risvolti di carattere anche sociale, non assimilabili, come tali, alle prestazioni di natura sociale a rilevanza sanitaria, di competenza dei Comuni e che concernono, ai sensi dell’art. 3, c. 2 del citato DPCM «…tutte le attività del sistema sociale che hanno l'obiettivo di supportare la persona in stato di bisogno, con problemi di disabilità o di emarginazione condizionanti lo stato di salute…». Infatti, le due categorie del settore sociosanitario possono anch’esser sinergiche, ma non v’è nulla che elide la differenza tra loro, fermo restando che, in base al concreto interesse dedotto in appalto, si verifica quale priorità intende soddisfare la stazione, quella sanitaria piuttosto che quella più propriamente socio assistenziale.
Scolorano di conseguenza le considerazioni dell’appellante in ordine all’effettivo oggetto di detto appalto, la cui descrizione, secondo la serena lettura del CSA, individua un programma di prestazioni per cure domiciliari in una con la correlata assistenza sociale, ossia prestazioni sanitarie a rilevanza sociale.
Così come non rilevano le osservazioni circa l’unitarietà del settore dei servizi sociosanitari, a ben vedere più descrittivo che sostanziale, tant’è che v’è la necessità di integrare le due differenti categorie, nella duplice accezione di partenariato tra attività pubblica del SSN ed attività esternalizzata delle imprese operatrici, nonché di connessione e coordinamento tra terapia ed ausilio assistenziale.
È appena da precisare che anche i servizi sanitari a rilevanza sociali, non a caso così s’esprime la lex specialis, ben possono essere erogati a favore di soggetti, pubblici o privati, diversi dalle ASL o dalle Aziende ospedaliere, tra cui gli istituti di cura privati (accreditati e no) o direttamente a pazienti privati con altre forme di finanziamento, così come le prestazioni afferenti al settore sono anche quelle diverse dall’ADI.
Né ha un gran senso richiamare la disciplina sull’evidenza pubblica, in realtà dettata per l’unificazione delle procedure semplificate inerenti ai servizi di cui alle citate tabelle II A e II B, per dedurre da ciò la sostanziale indifferenza definitoria tra le categorie del settore sociosanitario, al contrario ben ferma nella delineazione normativa dei rispettivi pubblici poteri e delle rispettive competenze.
5. – E quindi nemmeno si può dire, come vorrebbe prospettare l’appellante, che la stazione appaltante abbia inteso privilegiare soltanto le prestazioni identiche nel settore oggetto di gara.
Ciò non è vero in diritto, essendo dedotta in appalto quella parte dei servizi sociosanitari rientranti nelle sole definizione di cui ai ripetuti commi 1 e 3 dell’art. 3 del DPCM 14 febbraio 2001; né in fatto, le prestazioni sanitarie a rilevanza sociale non esaurendosi nella sola ADI o nella sola ADIMED.
A tal riguardo, esclude il Collegio che un argomento, a favore della tesi dell’appellante, possa provenire da alcune precisazioni rese dalla stazione appaltante sui requisiti di partecipazione. La Azienda USSL affermò a suo tempo che rientrassero nel settore oggetto di gara pure i servizi di assistenza domiciliare – SAD, non coincidenti per vero ai servizi di ADI e di ADIMED. Non dura fatica il Collegio a ritenere che, stante la citata sinergia tra le due categorie, le qualificazioni tecniche ed economiche si possano implementare pure attraverso la prestazione di servizi sociali, giacché l’appalto consiste anche in questo tipo d’attività. Ma, in disparte l’utilizzabilità, secondo la stazione appaltante stessa, pure dei servizi infermieristici svolti a domicilio del paziente (che, per vero, non è solo la sua casa d’abitazione, ma ogni struttura o comunità residenziale o semiresidenziale, anche assistita) per dimostrare detta qualificazione, i SAD a contenuto soltanto non sanitario non sono idonei a qualificare in toto e da soli un’impresa alla gara de qua.
Né tutto ciò è superabile dalla circostanza, in sé materialmente vera, che il CSA impone d’usare, per l’effettuazione delle prestazioni dedotte in appalto, operatori sanitari ed operatori socio assistenziali. Invero, per accessi semplici o per quelli complessi, la sinergia tra le due professionalità è di volta in volta richiesta dal medesimo CSA, senza, però, che essa elimini ogni differenza funzionale e, soprattutto, alteri il programma di obbligazioni colà indicato. Quest’ ultimo è e resta l’unico ed effettivo indicatore di qual interesse prioritario voglia l’Azienda USSL soddisfare con l’appalto in esame, ossia l’unico parametro di congruità tra bisogni da soddisfare e servizi che li soddisfino.
Da ciò discende l’impossibilità, per l’appellante, di continuare a predicare il possesso dei requisiti citati, solo grazie all’indebita commistione tra le due categorie che la norma, di per sé ed il CSA, dal canto suo, vogliono ed intendono separati. In particolare, l’appellante, nella sua qualità di società consortile e quale mandataria dell’ATI con la Castel Monte soc. coop. sociale, avvalendosi dei contratti delle proprie consorziate ha realizzato, nel periodo di riferimento, una vasta congerie di contratti con Comuni e privati per telesoccorso, per teleassistenza domiciliare e per assistenza domiciliare, gli importi per contratti comunque afferenti al settore oggetto di gara non raggiungendo i requisiti minimi posti dal disciplinare. Dal canto suo, pure l’impresa mandante ha svolto alquanti servizi, ma quelli rilevanti per la partecipazione a gara, consistenti nell’effettuazione di servizi sanitari a rilevanza sociale, in realtà ne costituiscono una frazione economica assai piccola e, in ogni caso, ben lontana dall’assolvere ai requisiti de quibus.
6. – In definitiva, l’appello è da rigettare. Le spese del presente giudizio seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sez. III), definitivamente pronunciando sull'appello (ricorso n. 7549/2012 RG in epigrafe), lo respinge.
Condanna la Società appellante al pagamento, a favore della parte resistente e costituita, delle spese del grado di appello, che sono nel complesso liquidate in € 3.000,00 (Euro tremila/00), oltre IVA, CPA e altri accessori dovuti per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.